CARLO ROMUSSI, IL PERSONAGGIO

Carlo Romussi giornalista, storico dell’arte, umanista, è un uomo passionale, facile all’amicizia e all’invettiva, amico fedele e bizzoso avversario.
Ha vissuto intensamente i numerosi ruoli in cui si è “buttato” con tutto l’entusiasmo del suo spirito battagliero, sempre fedele a se stesso nei principi di lealtà e onestà, nelle lotte sostenute attraverso “Il Secolo”, nelsenso deldoveredifronteaiproblemisociali, nell’impegno a salvaguardare la memoria storica della sua città, nell’importanza della buona fede per la gestione della cosa pubblica e nell’amore costante per la famiglia e gli amici. Per presentare il personaggio penso che la cosa migliore sia riprodurre qualche scritto suo e qualche ricordo dei contemporanei sulla sua figura.

Lo storico di Milano
Aveva concepito la sua opera negli anni giovanili, quando molte delle case, delle pusterle, delle corsie, delle colonne, che formavano la caratteristica della vecchia Milano, sopravvivevano ancora, quando era visibile ancora la Milano di una volta che era stata cara al Verri, al Parini e al Foscolo, la Milano delle piazzette e delle contrade, dei terraggi e dei borghi che avevano visto la carestia e la peste descritte dal Manzoni! ... Prima che tutte le notizie del passato siano travolte dall’onda innovatrice, non crediamo far opera ingrata ai Milanesi...di ricercare i monumenti, i sassi, i nomi, che, fra le case moderne, fan sorgere le figure e le opere di quelli che hanno preparato questa città, oggetto per molti di invidia, per noi di tanto amore. Da: Carlo Romussi, Milano ne’ suoi monumenti, presentazione della III edizione, Sonzogno, 1912.
Queste le sue parole quando, nel 1911, aveva deciso di aggiungere due nuovi volumi alla sua opera prediletta, ma riuscì a portare a termine solo la prima parte della storia cittadina, quella fino al 1400, costretto ad interromperla all’inizio del Rinascimento. L’ultima parte, dedicata alle dominazioni straniere, avrebbe dovuto concludersi con uno sguardo alla Milano contemporanea e sarebbe stata sicuramente un inno al progresso, come ebbe modo di anticipare parlando del programma della sua opera:
che se, allargandosi, come fa ogni giorno ai quattro punti cardinali, la città perde i caratteri tipici del passato, essa diventa però altera di un’altra bellezza e si cinge di un’altra gloria, quella del lavoro, mai sognato così febbrile dagli avi, e dei moltiplicati commerci che le procacciano gli agi di un lieto vivere.
L’amico Camillo Boito, in una lettera del 2 gennaio 1912, gli scriveva:
in questa opera non solamente avete reso amabile l’erudizione, non solamente avete circondato di seduzioni la storia, l’archeologia, la cronaca, il documento, il monumento, ma l’avete fatto senza che la dottrina perdesse nulla della sua veracità e della sua sostanza.

Il cooperativista
La famiglia dei cooperatori si estende: entrano ogni giorno nuovi fratelli nella unione federativa: e il voto che l’anno scorso lanciammo nell’entusiasmo di un primo ritrovo oggi è già diventato un fatto nella Federazione Internazionale delle Cooperative... “la cooperazione è la fratellanza organizzata” (Holyoake), è una mistica catena di sentimenti e di interessi, che lega gli umani: e qual gloria per la cooperazione far penetrare nelle masse questo grande principio della pace fra tutte le genti!...Si finiscano una volta le stolte e sanguinose imprese africane, si licenzino gli eserciti stanziali che opprimono con le spese , i bilanci e sono fomiti di guerra, si diminuiscano le imposte, che succhiano il sangue delle industrie, si faciliti il lavoro alle società cooperative e sarà giustizia...
Da: Carlo Romussi, Discorso al Congresso Cooperativo del 1897, in “La Cooperazione Italiana”,
7 marzo 1913.
Archivio Romussi

Il giornalista
Nel 1872 Romussi pubblicò un’appendice teatrale su “Il Secolo” diretto da Ernesto Teodoro Moneta per una tragedia di Leopoldo Marengo e questo segnò la sua carriera di giornalista.
Nel 1872 non era nulla a “Il Secolo”, ma pochi anni dopo ne divenne tutto: direttore, anima, padrone...

Da: L’avvocato Carlo Romussi, biografia in tre puntate, in “La Folla”, 1913.
Romussi volle, per qualche tempo, a “Il Secolo”, far di tutto, la politica e la cronaca, le questioni generali e le locali, la critica d’arte e la propaganda spicciola, qualche numero fu letteralmente tutto scritto da lui: e solo, o quasi, volle accentrare le iniziative complementari, La Biblioteca Universale, quella Classica, quella del Popolo, influire sulle scuole del Consolato, le Cooperative, Le Società Mutue, le iniziative benefiche del giornale, ogni rapporto di persone...È un’opera titanica...

Così lo ricorda l’on.Arnaldo Agnelli nel discorso commemorativo tenuto nella sala del Circolo degli Interessi Industriali nel primo anniversario della morte, e sottolinea come Romussi sia stato, nella sua generazione, nella nostra Milano, rappresentativo...La sua fu una generazione essenzialmente individualista, che risentiva della vita disgregata e solitaria del periodo precedente al Risorgimento, e della vecchia tradizione partigiana. Di qui gli amori e gli odi di Romussi...

Il politico
Grandi meriti verso la democrazia, gli riconosce Ernesto Teodoro Moneta, già ottantenne, nella commemorazione ufficiale: la vita è l’adempimento di un alto dovere e la politica è soprattutto un fascino, è azione, è il fatto; e assetato di azione, assetato di fatti fu sempre, fino all’ultimo respiro, Carlo Romussi.

L’amico
Il “Piscinella”, come Cavallotti affettuosamente lo chiamava (era infatti piuttosto piccolo di statura!), non potè partecipare ai funerali dell’amico morto in un duello col giornalista Ferruccio Macola, perchè in quel marzo del 1898 si trovava nel Reclusorio di Alessandria arrestato, come direttore de ”Il Secolo”, in seguito alle repressioni che il Governo stava attuando contro le agitazioni popolari di cui Romussi si era fatto portavoce. In tutte le lettere alla famiglia ricorda l’amico che non c’è più. Il 19 marzo, ad esempio, scrive:
... Ve lo ricordate? Certamente, perché certe memorie non si cancellano. Fu questa del 19 l’ultima cena che passammo col povero Felice: l’ultima che fu a Milano. Era, come sempre, intimamente affettuoso, ma da un pezzo non era apparso tanto gajo, quasi avesse voluto lasciarci, nel lungo desiderio, un’impressione serena e sorridente di sé. Ogni particolare di quella sera lo rivedo in questa oscura solitudine.

Stavo nell’ufficio del Secolo scrivendo, quando un colpo di bastone picchiato sul tavolo, mi fa balzare dalla sedia. Mi stava davanti Felice sorridente.
- Arrivo or ora da Torino, mi dice, e sono contento della mia gita. Ho da raccontarti parecchie cose.

- Ma io ti credeva a Roma! Aspetta cinque minuti che finisca quest’articoletto e sono con te.
Poco dopo venivamo a casa. Voi stavate per mettervi a tavola e accogliendo Felice con la solita festa, avete messo un piatto di più al solito posto; e mangiando egli ci narrava dello scopo del rapido viaggio a Torino.

“Il Cyrano di Bergerac”, che oggi percorre trionfalmente i teatri, è un bellissimo lavoro; ma l’idea madre, come t’ho detto altravolta, è la stessa di quella del mio Povero Piero. Il ciel immaginando tal dire che il signor Rostand abbia preso qualche cosa del mio dramma.
Solamente mi piace constatare che un poeta francese e un povero diavolo di commediografo italiano come son io, hanno avuto, a distanza di anni, un medesimo pensiero artistico: il brutto dell’involucro corporeo in contatto con la bellezza morale”.

- È l’antico precetto romantico, l’interruppi per dargli tempo di respirare, che Victor Hugo proclamava e metteva in azione nei suoi drammi. Il buffone del re che difende le figlie...
- Quel buffone, m’interruppe, aveva la gobba come il povero Piero, ma era un furfante, mentre il mio protagonista è un martire intelli•gente e innamorato. E sonoappunto stato a Torino per intendermi con Novelli, affinchè ritorni quel mio dramma allaluce della ribalta.
Siam rimasti intesi che gli mandi una copia con quei tagli e quelle modificazioni che credo, e me lo rappresenterà. L’amico Deabate ne parlerà domani o dopo nella Gazzetta del Popolo di Torino, e tu devi farmi il piacere di interloquire, come dicono gli avvocati, nella canapa. Rileggi il Povero Piero, confrontalo col Cyrano e metti fuori il tuo parere, quale si sia.

Con tutto il cuore glielo promisi, come ricorderete. Ed egli proseguiva: “Sento pigliarmi dentro quel desiderio vivo dell’arte che precede sempre un lavoro nuovo ...
E i discorsi continuarono su quel tono: la politica ingrata fu lasciata per quella volta in un canto e si parlò sempre d’arte. Felice aveva ritrovato gli entusiasmi giovanili e la sua rallegranza come di una primavera di lavoro e di gloria che gli venisse incontro con la nuova stagione. E i progetti andavano tanto in là che pensava di tirar fuori nell’autunno un vecchio soggetto di dramma tolto dalla storia milanese del quale si era parlato insieme la bellezza di venticinque anni prima.

La sera stessa partiva per Roma; e scendendo dalle scale, nel risalutarmi con la mano, mi diceva: “Tu hai risolto il problema della vita colla tua famigliola; io invece devo andar randagio...” E con un sospiro troncava la frase, e faceva i gradini a due a due, rabbujato in viso.
Alla stazione l’amico Zavattari ci venne incontro festoso: Felice aveva ritrovata la sua serenità cordiale; e il treno cominciava a muo•versi ch’egli dallo sportello ci gridava ancora: “arrivederci presto!”

Chi mi avrebbe detto in quel momento che il bacio del saluto ond’aveva calde le labbra non me l’avrebbe più rinnovato e ch’io doveva pochi giorni dopo, deporne un altro sulla fronte di gelo di lui, immobile nel letto in mezzo ai fiori!... Ed è un rimorso che mi perseguita quello di non aver soddisfatto l’ultimo suo desiderio. Le discussioni politiche sopravvenute, le trepidanze per il duello e le suppliche che gl imandai invano perché non esponessela vita che era sacra allapatria, mi impedirono di adempiere alla promessa ...

In una lettera del 22 giugno 1886, Romussi si appella all’amico Edoardo Sonzogno in difesa del suo direttore Moneta:
Milano, 22 Giugno 1886 Carissimo signor Edoardo, Moneta è in unostato d’animo straziante. Lesta ora scrivendo per scolparsi non so che dirà ma ella, che ha un cuore al quale nessuno ha mai ricorso inutilmente, troverà certamente le parole che possa ritornare la pace a un uomo buono, che diede al giornale i suoi anni migliori, che la passata malattia ha piombato in un indebolimento generale. È a un malato che ella risponderà. La direzione del Secolo equivale per Moneta alla vita. La lettera scrittagli l’altro giorno lo indurrà senza dubbio a seguire le idee che ella desidera siano svolte nel giornale e quindi lo scopo è raggiunto. La prego, lei capo indulgente per tutti (e lo seppi e lo so per conto mio), a calmare la febbre del povero Moneta. Nel momento attuale non si deve dir di fuori che nel Secolo vi sono dei movimenti interni. Mi perdoni questo sfogo che è fatto ad insaputa di tutti, e mi abbia sempre per amico. Carlo Romussi

Il padre
Per un po’ di anni Romussi sente la necessità di scrivere a sua figlia Ada una lettera ogni suo com•pleanno. In essa le parla con amore e dolcezza, le offre i suoi consigli di fronte ai problemi che sente ella può avere nella difficoltà dell’adolescenza e soprattutto la invita ad agire sempre in nome della sua dignità interiore. In una lettera del 23 agosto 1888, così le si rivolge:
Mia carissima Ada, domani sera compiono otto anni dalla prima volta che ti ho veduta e abbracciata: otto anni di timori, di ansiose cure, digioia, otto anni diaffetto sempre intenso, sempre eguale perte. Finora della vita nonhai provatoche le carezze e i baci...Ma nelle testoline di otto anni il pensiero comincia a farsi innanzi...è giunta l’età nella quale si deve far conoscenza col dovere. Il dovere varia secondo gli anni e le condizioni della famiglia; ma ha questo di immutabile che è il contrario del capriccio...Adempiere al proprio dovere non è sempre la cosa più bella e più facile: per adempierlo bisogna sacrificare molte volte il desiderio e la volontà; ma quando si riesce a vincere se stessi si prova una soddisfazione che è il premio più bello del dovere. Non è mai troppo presto per cominciare a praticare il Archivio Romussi dovere: perchè solamente con un lungo tirocinio si può abituarsi ad esercitarlo. E nella tua mamma tu hai un esempio leale e sereno del dovere diventato legge e religione...Ti abbraccio forte forte come sa abbracciare il tuo papà.

L’uomo: il testamento spirituale
Credo in Dio -forza suprema che anima il mondo di cui siamo particelle infinitesimali. Sento in me il desiderio dell’infinito che non posso raggiungere perchè sono limitato entro confini ristretti d’intelletto e di materia e affronto curioso l’al di là per conoscere, se, come spero, tutto l’essere nostro non muore, ma continua negli affetti. Se questa speranza è un’illusione, sia questa benedetta perchè mi ha sorriso nelle più aspre realtà della vita. Voglio essere cremato, affinchè il mio corpo non funesti con la putredine la festa della vita che continua e anche per non lasciare alle mie care l’impressione della materia che si dissolve e si corrompe. Voglio sparire dal mondo lasciando solo l’impressione del sorriso e dell’amore... Repubblicano dall’età della ragione muoio col voto sulle labbra che la Repubblica, governo di libertà per tutti, di giustizia vera, di fratellanza, abbia a consolare presto l’Italia.
Carlo Romussi

Fra vecchi amici
Un divertente articolo uscito su “L’uomo di pietra” l’8 marzo 1913, riporta un incontro in Paradiso tra Cavallotti e Romussi che, appena giunto, illustra all’amico di sempre quello che è successo in vita dai tempi della sua morte ad oggi. L’articolo è scritto in milanese, ed è riportato nel testo in traduzione.
Sono venuto a trovarti anche se non ne avevo voglia. La colpa di tutto deve essere stata senz’altro dei moderati che, non potendo attac•carmi davanti, mi hanno preso dal dietro. Quando poi son finito in mano dei dottori poi,...è finita.
Non preoccuparti, è solo una questione dei primi giorni, ma poi si sta bene, meglio di dove sei stato finora.
Speriamo!
Ma non ti senti già più leggero e allegro?
Mah, ho fatto il gran viaggio così in fretta!
Vedrai che qui non ti mancherà nulla, buona compagnia e cibo buono, anche se l’Osteria del Gallo era meglio! Ti ricordi che bevute con Billia, Bizzoni e Mussi? Ora sono qui e stanno giocando a bocce, ti faranno una buona accoglienza!
Ma lo sai che, facendo un conto preciso, sono più gli amici che ho qui di quelli che ho lasciato a Milano?
Succede sempre così, quando si diventa vecchi.
A Milano, inquestiultimi annisiviveva male. Ai nostri tempi non c’erano tante divisioni politiche, o sistava diquiosistava di là.Da una parte c’erano i “rossi”: democratici, repubblicani e garibaldini, dall’altra i moderati: cavouriani, mogli e codini. Dei preti neanche si parlava, stavano in sagrestia! Ora c’è una grande confusione: ci sono centomila partiti e non si riesce ad orientarsi neanche con la bussola, perché dove credi di trovare amici, trovi nemici, e i nemici fanno i gentili per trarti in inganno. Davvero! Quando stavo per morire è venuto a trovarmi l’arcivescovo, e sì che non era un papista come il cardinal Ferrari! E al mio funerale c’era il sindaco Greppi, che mi ha anche fatto un discorso celebrativo. E sono venuti anche quelli che mi hanno fatto mettere in galera nel 1898: dicono che è cortesia, progresso...invece è una gran confusione! In quindici anni sono così cambiate le cose?
E il peggio è ciò che avverrà in futuro, perché chi comanda adesso sono i preti! Ringrazia allora il Signore che ti ha chiamato in tempo! A proposito, esiste davvero? Altro che esistere, ma per vederlo devi attendere un po’! Come? Gli ho portato una copia di “Milano nei suoi monumenti!” Lo apprezzerà, perché il Signore ha un debole per Milano! Tu se in confidenza con lui? Non proprio, ma, quando ho bisogno, glifaccio parlare con uno che con lui è in grande intimità. Lo conosci bene, nel mondo era anche lui un “Signore”, è Garibaldi!
Ma... è qui anche lui? Allora, senti, comincia a farmi vedere lui, l’Altro me lo farai vedere con tuo comodo!

 
dal volume "Inventario dell'Archivio"
   
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